Wednesday, August 29, 2007

Racconto a puntate. 1

(Stile Black Mask Magazine...)


Voci di dentro. Aria condizionata. Malessere diffuso.
Mi sento chiamare.
"Ehi senta signore".
"Non vedi che sono occupato merda siete tutti ciechi".
"Ma non c'e' nessuno signore con chi e' occupato si sente bene".
"Sto guardando un film western amico ecco quello che sto facendo".
"Qui non c'e' nessuna tv signore".
"Non chiamarmi signore sono jack per quel che posso e per chi mi conosce per il resto sono un disgraziato come te".
"Signor jack vuole una birra".
"Basta birra per oggi basta birra per oggi basta birra per oggi basta birra per oggi ...".

Mi alzai e vomitai indifferenza.
Colpa della nausea per le parole concentriche e di un buco nell'anima.
La cenere delle sigarette riempiva una scarpa, le birre il mio fegato.
Mi sfegai le mani sulla testa, venne via un po' di pelle morta.
Dovevo ricominciare a lavorare.
Stavo inesorabilmente peggiorando, e stavolta era accaduto prima del solito, neanche due settimane dall'ultimo incasso.
Non mi ero mai sentito male al primo contatto con la realta'.

Avevo trentasei anni, calvizie incipiente e una pancia non troppo prominente in rapporto alle birre, lo sguardo presumibilmente ancora intelligente, una macchina nera seminuova gia' pagata, nessun sentimento affettivo oggettivamente definibile, millantavo benessere nelle occasioni sociali.
Lavoravo a missione, pagato a success fee. Il termine l'avevo imparato dalla tv americana satellitare, che seguivo per tenere l'inglese allenato. Vuol dire: se ottieni il risultato becchi il grano, altrimenti filare a letto a pancia vuota.
Mi pagavano per fare il ficcanaso. Un lavoro rivoltante per la maggior parte dei padri di famiglia, ma io non lo ero, padre di famiglia intendo. E questo mi metteva a posto la coscienza. Non avrei lasciato bocche da sfamare.
La scelta di non avere una retribuzione garantita all'inizio del lavoro non era stata ovviamente mia, ma del mercato. Globale o parziale non faceva differenza, per me.
Alla fine comunque mi ci stavo abituando. E devo ammettere che forse non era poi cosi' male. Niente soldi subito, niente eccessi. Mi teneva in riga, sai che sballo.

Mi misi la giacca e uscii. Dopo uno slalom tra le pozzanghere, entrai in un bar e ordinai un caffe' per sistemarmi lo stomaco. Ci aggiunsi un malox e una sigaretta.
Tornai a casa per infilarmi sotto la doccia.

Si ripartiva.
Era ora di trovare un cliente. Quindi telefonai ai tre peggiori giornali della citta' e dettai la solita inserzione. Il prezzo per parola era aumentato dall'ultima volta. Quindi diminuii il numero delle parole, non che la cosa mi riuscisse particolarmente difficile in realta'.
"Indagatore privato, professionale e riservato. Tariffa: consistente, da corrispondere al termine del lavoro e solo in caso di successo. Lasciate un messaggio nella mia casella vocale, 9561, unicamente con il vostro numero di telefono. Non mi occupo di tentativi di divorzio."

Passarono due giorni inermi, forse anche per colpa del caldo umido, duranti i quali riuscii comunque a restare abbastanza pulito.
Al pomeriggio del terzo giorno ascoltai la mia casella vocale. C'erano due messaggi. Il primo apparteneva ad un uomo, forse sulla cinquantina, che mi chiedeva di portare dei documenti all'estero. La seconda era una donna, di cui non percepii l'eta' perche' riferi' soltanto alcuni numeri metallici: "tre uno quattro sette ...".
Scelsi ovviamente il secondo messaggio. Per richiamare non utilizzai apparecchiature che avrebbero potuto ricondurre a me. Scelsi uno dei rari telefoni pubblici, vicino alla stazione centrale, che apparivano integri.
Composi il numero e attesi il responso.
"Si"
Il monosillabo non mi consenti' un paragone adeguato con la voce di ascoltata qualche ora prima. Come al solito adottai l'approccio sicuro.
"Non ha la solita voce squillante che innervosisce. E non mi pare per nulla turbata, almeno non cosi' tanto da richiedere il mio intervento".
"Chi parla scusi".
"La chiamo in riferimento al suo messaggio nella mia casella vocale sono beh meglio non fare nomi al telefono mi perdoni".
"Lei si relaziona nello stesso modo in cui detta gli annunci mi pare".
"Non ci faccia caso le offro un drink prima di cena al Goodfellas indossi una gonna nera tenga nella mano destra un giornale e nell'altra un paio di guanti".
"Vuole suggerirmi anche l'intimo?"
"Basta che lo indossi e' una questione di igiene alle otto". E riagganciai.

Mi feci attendere qualche minuto, monitorando il panorama da dietro una macchina, non la mia.
Poi la vidi comparire. Carnagione e corporatura mediterranee, capelli corvini, eleganza sobria, foulard e borsa abbinati di Hermes.
La raggiunsi da dietro, chiedondole come stesse. Questo la fece sussultare.
La cosa mi diverti'.
"Dai suoi modi credo di sapere chi e' lei".
"Quindi possiamo saltare le presentazioni".

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