Saturday, April 30, 2005

Deja vu - Crosby, Stills, Nash & Young

C’era un tempo in cui sembrava che nessuno dovesse scrivere la parola fine sui cartelli della strada hippy e degli anni flowers power. Proprio come una strada californiana, dal “vanishing point” irraggiungibile, miglia e miglia ancora avanti.
La guerra del Vietnam e CSN&Y ne resero evidente la fine: la prima recidendo i gambi dei fiori, i secondi onorando poeticamente la memoria di un'utopia praticata.
Le poesie che compongono l’album si erano librate nell’aria dai prati della fattoria di Max Yasgur, il proprietario della distesa woodstockiana, dai festival di Altamont, Wight, Monterey, e fotografate dalle menti dei quattro musicisti, pellicole sensibili nel catturare quegli istanti.
Per svilupparli, qualche anno dopo, nel 1970, come un deja vù: questo il nome dell’album, manifesto della west coast. Ed e' curioso come anche un contenitore di foto si possa chiamare album.
Il trentatre giri si apre con “Carry on”. Stills la disegna riscoprendo il bambino curioso che gli scalpita dentro, fuoco di fila di domande e consapevolezza di fondo del buono della vita che l’aspetta.
“I'm going to camp out on the land, and try and get my soul free”. Lo spirito dell’epoca e' possibilmente racchiuso in uno scrigno di Joni Michell, interpretato da Stephen Stills: “Woodstock”. E' l’atmosfera in cui ognuno dei presenti si percepisce come “il perno su cui qualcosa sta girando”.
Il grido hippy e' presente, stavolta come rivendicazione, anche in “Almost cut my hair”, tramandata da Crosby e commentata dal canadese Neil Young. Carattere difficile, espressione accigliata, e lunghi capelli, spauracchio dei benpensanti, si aggiungevano alla denunciante invettiva che “Hair”, il musical di Gerome Ragni e James Rado, stava raccogliendo.
Ma non e' un album di provocazione. “Teach your children” e' una ballata tenera, che sussurra speranza; una speranza che traspare decisamente dalla melodia e si arricchisce con il testo. I quattro esortano se stessi a far memoria e ne parlano alla generazione-comunità: “…please help them with your youth, they seek the truth before they can die”. Il pedale d’acciaio della chitarra dell’ospite Captain Trip, al secolo Jerry Garcia dei Dead’s, ci ricorda che a suonare il motivo sono esseri umani.
La positività del giovane pop di “Our house” ha fornito, più tardi, spunti agli stessi frontmen ed ai Police. In “Every little thing she does is magic” si colgono versi familiari, in un parallelo emotivo con “life used to be so hard, now everything is easy 'cause of you”. CSN&Y rinnovano il tema dell’intimità suscitata dalla casa con “This old house”, contenuta in “American dream”, anno 1988.
“Helpless”, dello stesso Young, non ha però la stessa forza: sembra mostrarlo disimpegnato. Lui, ed a tratti anche la lirica, sognano il buen retiro, ma quasi in sordina, in un luogo lontano dal dolce vigore affettivo di “Our house”.
Si prosegue con “4+20”, ballata meditativa di Stills che torna alle radici del proprio tempo, della propria terra, di cui odora questa composizione. Poi, ancora, “Country girl”, suite agrodolce di Neil Young.
L’happy end e' garantito. “Everybody i love you”, quattro mani di Nash e Stills, e' la chiosa consapevole di una storia, con un nostalgico irrazionale anelito dell’uomo: sta celebrando la fine della storia affermandone la vitalità e sperando che essa si ripeta.
 
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