Friday, February 09, 2018

McIlvanney - Il caso tony Veitch



Ne avevamo parlato con “Come cerchi nell’acqua” (titolo post “Tartan noir”, del 30 agosto 2016).
Il caso Tony Veitch” è il secondo della trilogia.
Contestualizzazione finita.

McIlvanney si conferma tra le mie eccellenze scozzesi, insieme alle Orkney, lo Scapa e la Italian Chapel sull’isola Lamb Holm (un piccolo segno dell’Abruzzo artigiano).
Il suo scritto è solcato da una dignitosa denuncia sociale, una traccia costante disseminata lungo la sua carriera di scrittore, trovatosi al piano di sopra rispetto a suo padre (working-class dad, anzi, proprio un minatore), grazie allo studio.

Il manifesto filosofico che veicola tramite Jack Laidlaw raggiunge un momento epico nella narrazione della visita a Jinty Adamson, nella elevazione quasi mistica di quelli che qualifica come martiri della decenza, “che avrebbero trattato con cortesia istintiva persino la morte, i buoni non ufficiali, quelli i cui nomi non si trovano sul calendario … ma per Laidlaw erano i migliori tra gli uomini”.
Per quanto valga, tendo a concordare con molte delle riflessioni al proposito: “Voleva la zuffa della vita quotidiana, vissuta nel modo migliore, senza l’aria condizionata esclusiva delle convinzioni”.

Jack Laidlaw è meno cinico di Marlowe, ma più caustico.
Ha bisogno di una spalla, Harkness, che potremmo tradurre letteralmente con una locuzione quale “stare nello stato di non ascolto” (hark-ness). Forse il nome è scelto proprio in antitesi a Laidlaw, che gli rimprovera di imparare da lui quel che vuole, non quel che deve.

Imperdibili alcuni passaggi, degni di una scrittura senza pari in quanto a laconicità e corrosività.

Conosci la vita che ha avuto. Il suo santo patrono era Torquemada
L’indifferenza è come un fiume che bisogna risalire controcorrente
Ha perso il gusto per il whisky perché è il proprietario del pub

Il terzo volume è sul comodino.


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