Ritengo esista un solo modo per riformare il paese.
Far governare il paese da chi ha a cuore il paese.
Studiare le modalita' scientifiche di impossibilita' di perseguire qualsiasi interesse personale ove il concetto di interesse personale non e' quello comunemente inteso per criticare l'Amor nostro.
L'interesse nazionale deve prevalere su quello personale, il popolo deve appassionarsi di politica, cioe' del modo con cui si governano le risorse del paese, con cui si assume un ruolo internazionale, con cui si istruiscono i cittadini, con cui si riforma la sanita' ...
Ma come puo' l'interesse nazionale prevalere su quello personale? ("And so, my fellow Americans, ask not what your country can do for you; ask what you can do for your country.")
Per riuscire nello scopo, bisognerebbe forse spogliare l'arte di governare dagli orpelli economici accessori e di poteri collaterali che nulla hanno a che fare con la conduzione del bonus pater familias.
Altrimenti non si focalizza mai il problema.
E' la magistratura che interferisce con la politica? Oppure e' la politica che, a causa del suo attuale status, e' geneticamente troppo esposta nei confronti della magistrura?
E' il sistema politico ad essere schiavo dei poteri economici? Oppure e' il sistema economico che non riesce a svilupparsi a causa di aridita' politica?
Fino alle discussioni del bar: "Il governo di centro destra e' pessimo", "Con il governo di centro sinistra e' peggio" e, dopo tanti ripensamenti, finisce che l'alternativa migliore potrebbe essere quella che non si puo' dire, pur rifiutandomi di pensare quasi aprioristicamente ad una soluzione dittatoriale.
Ritengo invece, a rischio di essere tacciato di semplicismo e qualunquismo, che occorranno regole semplici, tali per cui nessuno possa meravigliarsi e organizzare girotondi se anche SB dovesse tornare ad essere il presidente del Consiglio.
Con il tempo, e' il popolo che deve tornare ad acquisire coscienza del paese, a capirci qualcosa, ad essere protagonista del proprio futuro e dei propri interessi, senza pensare di poter demandare a pochi (quell'intellighenzia che ci e' tanto invisa) le magnifiche sorti e progressive.
E speriamo di non scomodare Prezzolini.
(Dal "Codice della vita italiana":
"26. I ministri non sono scelti perché persone competenti nell'agricoltura, nei lavori pubblici, nelle finanze, nelle poste e telegrafi, bensì perché piemontesi, liguri, lombardi, toscani, siciliani, abruzzesi, o perché appartenenti al gruppo a, b, c. (...)".
"27. Il valore degli incarichi non corrisponde sempre alla realtà. Molto spesso il piantone conta più del colonnello, l'usciere ne sa più del ministro, il segretario può quello che il cardinale non osa, e così via. Nelle piazze e nei salotti la conoscenza di questo " annuario segreto " delle potenze, forma uno dei punti indispensabili per poter fare carriera. Rivolgersi al principale senza passare per la succursale, è uno dei più comuni errori di tutti i novizi della vita italiana.".
"29. L'uomo politico in Italia è uomo avvocato. Il dire niente in molte parole è stata sempre la prima qualità degli uomini politici; che se hanno sommato il dire niente al parlare fiorito, hanno raggiunto la perfezione."
"38. In Italia nove decimi delle relazioni sociali e politiche non sono regolate da leggi, contratti o parole date. Si fondano sopra accomodamenti pratici ai quali si arriva mediante qualche discorso vago. una strizzatina d'occhio e il tacito lasciar fare fino a un certo punto. Questo genere di relazioni si chiama compromesso. Non ci sono mai situazioni nette tra marito e moglie, tra compratore e venditore, tra governo e opposizione, tra ladri e pubblica sicurezza, tra Quirinale e Vaticano.")
Queste che vado ad elencare sono quindi semplici ipotesi, non rappresentate in ordine di importanza, che ovviamente necessiterebbero di approfondimenti, tagli, perfezionamenti, arricchimenti, rivisitazioni, ma che, a mio parere, rappresentano le principali cause del disamore degli italiani nei confronti della "cosa pubblica".
L'idea di fondo e' che nessuna possa avere piu' l'alibi per dire "I don't care about it".
Un primo ostacolo e' rappresentato dalla retribuzione della classe politica.
Una volta eletti, i politici (regionali, nazionali, comunali, etc.) dovrebbero guadagnare lo stesso stipendio del lavoro che svolgono abitualmente (insegnante, medico, postino, etc.).
Elimineremmo una quota di candidati attratti dal guadagno riveniente dalla carica e, soprattutto, smetteremmo di fornire un alibi a molti cittadini che non sono piu' appassionati di politica "perche' i politici pensano solo al loro tornaconto".
Le variazioni nella loro retribuzione, eventuali premi o bonus che costoro si meritano, potrebbero essere decise con referendum a maggioranza semplice, fatta ovviamente eccezione per gli adeguamenti all'inflazione.
L'opposizione al "si spenderebbe di piu'" e' a mio avviso fuori luogo; non stiamo parlando di tetti di spesa o di ridistribuzione della ricchezza, bensi' di abitudine ed educazione all'amministrazione dello stato, all'avere a cuore la cosa pubblica.
Un secondo elemento potrebbe riguardare la scelta dei ministri.
I politici eletti in Parlamento oppure in Consiglio Regionale non possono rivestire anche il ruolo, rispettivamente, di ministro o assessore, a meno di casi particolari per i quali e' necessaria l'approvazione a maggioranza qualificata.
Ai politici e' demandata invece la scelta dei ministri su basi induscusse di competenza e professionalita', su basi meritocratiche predefinite e acclarate; ai politici e' demandato inoltre il controllo sull'operato dei ministri.
Con questo metodo non toccherebbe piu' dover vedere il ministro dell'istruzione occuparsi di lavori pubblici dopo un rimpasto e passare quindi alle pari opportunita' nella successiva legislatura.
Un terzo aspetto concerne le riforme approvate dalla legislatura immediatamente precedente.
Non e' pensabile che riforme sostanziali che hanno comportato impegno e modifiche sostanziali (mi riferisco ad istruzione, sanita', mercato del lavoro, etc.) possano essere continuamente azzerate dal governo successivo se di parte avversa.
E' necessario garantire una continuita' temporale, magari almeno 5 anni, per valutare tangibilmente gli effetti delle modifiche apportate.
Potrebbe essere compito del nuovo ministro verificare periodicamente i risultati della precedente riforma istruendo commissioni, analizzando i dati univocamente prodotti da istituti nazionali (Censis, Istat, etc.), richiedendo pareri ad altri ministri europei competenti in materia.
I parametri analitici dovrebbero essere stabiliti a monte, preventivamente e per tutte le materie.
A titolo meramente esemplificativo, l'occupazione si valuta attraverso parametri standard predefiniti quali: livello di occupazione, numero di contratti a tempo indeterminato, numero e motivazione dei licenziamenti per giusta causa, etc.
Un quarto elemento affronta il tema delle regole di indipendenza tra politica e nomine.
Sarebbero fuori legge lo spoils system e il manuale Cencelli.
I dirigenti ed il CdA delle imprese a maggioranza statale (Rai, Trenitalia, Alitalia, etc.) dovrebbero essere prescelti sulla base di criteri meritocratici indiscussi, avere un durata predefinita. I componenti non dovrebbero variare in corrispondenza dell'insediamento di un nuovo governo (vedi C.J. Mimun) e la loro rimozione sarebbe soggetta a regole che prevedono la valutazione di parametri (economici, finanziari, qualitativi, etc.) predefiniti, da parte di commissioni di professionisti esperti in materia, una sorta di commissioni di vigilanza estratte a sorte tra i segmenti di popolazione con certe caratteristiche (un po' come le giurie popolari americane, pero' qualificate e con strumenti adeguati).
Il quinto elemento e' rappresentato dalla proliferazione delle sigle sindacali.
Poiche' l'interesse del lavoratore e', in linea di massima, oggettivamente individuabile (salvaguardia della salute, orari di lavoro accettabili, evitare lo sfruttamento, adeguamento della retribuzione, godimento delle ferie, etc.), non e' pensabile accettare l'esistenza di otto, dieci o quindici raggruppamenti sindacati che spesso non risultano tra l'altro in accordo tra loro.
Una commissione di esperti, individuata dal Ministero del Lavoro (magari avente compoisizione tale da garantire ampia pertinenza, quindi composta da giuslavoristi, operai, etc.), dovra' verificare ed aggiornare i parametri standard (con personalizzazioni in funzione del settore) da sottoporre a periodica verifica.
Auditor independenti, prescelti dal Ministero e pagati dall'imprenditore, verificheranno periodicamente lo stato del lavoro nelle imprese, nello stesso modo in cui lo Stato, tramite la Guardia di Finanzia, accerta l'adeguatezza della contribuzione fiscale.
Il sesto elemento riguarda l'introduzione dei dazi.
Non e' possibile che sullo stesso mercato si introducano merci prodotte con presupposti differenti. E' chiaro che manca la competitivita'.
E' necessario quindi garantire un "common level playfield".
Come posso vendere a 10 soldi un prodotto se spendo 20 soldi per tutelare i diritti dei lavoratori pagando ferie, permessi, malattia, contributi per figli a carico, etc...?
E' ovvio che chi ne se infischia di queste regole, puo' produrre sostendendo un costo di 2 soldi e rivendendo a 5 soldi.
Bene, quando arrivano in Europa, o quantomeno in Italia, alle merci straniere andra' applicato un mark up derivante dalla differenza tra il costo della merce stessa e la media del prezzo del prodotto al pubblico per segmento di appartenenza (per esempio: automobile di piccola cilindrata, ove piccola cilindrata si intende tra 600 e 1000 cc., con i seguenti optional, ..., avente i seguenti risultati nei crash test, con consumo di carburante pari a..., con livello di inquinamento pari a...).
Settimo elemento: combattere l'evasione fiscale.
Un passaggio decisivo presuppone l'eliminazione della carta moneta e l'introduzione della sola moneta elettronica. In questo modo tutte le transazioni sarebbero indirizzate su un circuito telematico e quindi registrate.
In qualche modo, per rendere l'idea, si pensi ad una evoluzione del pagobancomat, ossia transazioni in tempo reale, pero' senza la necessita' di digitare un codice, in quanto il riconoscimento dell'utente potrebbe avvenire attraverso un microchip direttamente inserito nella carta, distribuita solo dallo Stato.
L'assenza del codice gioverebbe alle persone anziane che non sarebbero costrette a ricordarlo. Ogni cittadino dovrebbe essere dotato quindi di una carta elettronica con la quale effettuare tutti i pagamenti presso qualsiasi esercizio commerciale (dal pane, alla benzina, alle sigarette), esibendola se necessario unitamente ad un documento di riconoscimento.
Ottavo elemento: semplificazione della burocrazia e riduzione del numero di enti.
E' necessario informatizzare il sistema burocratico.
La richiesta di una carta di identita' o di uno stato di famiglia dovrebbe essere accessibile attraverso uno sportello automatico, tramite una tessere elettronica che permette di effettuare operazioni e ne addebita automaticamente il costo su un conto corrente. Gli enti in sovrannumero, ossia quasi tutti, dovrebbero essere eliminati.
Subscribe to:
Post Comments (Atom)
No comments:
Post a Comment