“Una mangiatoia in duecento parole. Nutrimenti e dissetanti."
Checco er carettiere, via Benedetta 10, Roma.
Pochi romani, ma tanti giapponesi e americani, che per fortuna sembrano aver dimenticato Pearl Harbour e Iwo Jima. E quindi fanno comunella gastronomica con spaghetti alla carbonara, abbacchio, coda alla vaccinara, involtini alla romana.
E’ una lotta impari, di una tradizione culinaria che vuole contrastare, senza essere apprezzata, la tecnologia digitale in bella mostra sui tavoli, e il futuro a portata di mano non le rende l’onore delle armi.
Quindi i nipoti di Checco si adeguano. Non ti raccontano dei formaggi che stai mangiando e da quale cominciare per non avvilire il palato. Ti servono una macedonia gelata di frigo e consigliano un tiramisu’ saturo di mascarpone.
Il mark-up sui vini, che mi porta a scegliere un Chianti Peppoli, ricorda i tempi del proibizionismo.
Le foto ingiallite alle pareti, memoria dei bei tempi andati, fanno spallucce e suggeriscono di concentrarmi sulle tagliatelle casarecce col sugo di carne, al dente, ottime, e poi digerire un pizzico di delusione con un sempiterno Laphroig.
Il tutto servito in abbondante quantita’, caratteristica che connota anche il conto.
Subscribe to:
Post Comments (Atom)
No comments:
Post a Comment