Ordinammo due drink. Non scelse qualche miscuglio dolciastro, quindi la apprezzai.
Sorseggiai il mio liquido rosso amaro, accessi una sigaretta, accavallai le gambe.
Ero pronto per chiederle cosa volesse ma mi anticipo'.
"Se avessi voluto distrarmi e bere qualcosa l'avrei chiesto a mio marito".
"Io a lei, ma veniamo al dunque" risposi.
"C'e' qualcuno che mi ricatta, qualcuno che a torto crede che la mia famiglia abbia molto denaro e sia ricattabile."
"Quindi lei e' ricattabile" incalzai.
Si irrigidi', ma la sua bellezza non si scompose, assunse solo riflessi grigi metallici, che stonavano con i suoi colori.
"Che importanza ha questo? Mi stanno ricattando non e' sufficiente? Non e' gia' un reato?".
"Si' e quindi puo' rivolgersi alla polizia".
"Mi avevano riferito del suo carattere".
"Io del suo non ne sapevo nulla, ma ha tutte le carte in regola per diventare altrettanto celebre".
"Non puo' risparmiarsi queste arguzie per cercare chi mi ricatta?".
"Se lei non risponde alle mie domande potro' fare poco. Allora, e' ricattabile? Non voglio sapere il motivo".
Segui' qualche lungo istante di silenzio durante il quale rimirai le calze scure che avvolgevano le sue lunghe gambe signorili. E le investii di fumo.
Non se ne accorse perche' era impegnata a torturarsi le labbra.
Era indecisa tra l'ammissione e la paura del ricatto.
La tolsi d'imbarazzo.
"Ha gia' risposto alla mia domanda". Ovviamente, avrei dovuto aggiungere.
Continuai.
"Come la stanno ricattando?"
"All'inizio ricevevo delle telefonate. Se rispondeva qualcun altro, mio marito o la servitu', nessuna risposta all'altro capo del telefono. Se rispondevo io, sentivo una voce lontana che diceva sempre le stesse parole: "Potrei rivelare loro tutto quanto"".
Ebbe un tremito, una scossa al ricordo di quella voce e si porto' istintivamente le mani alle orecchie.
Pero' quella parola, servitu', mi innervosi'. Anche io, per lei, ero servitu'. E non potei trattenermi dall'essere sarcastico.
"Chi e' la sua servitu', li tiene in catene?"
"Non sia spiritoso, e non si permetta di insinuare. Sappia che li che tratto benissimo, si chiamano Angelina e Yussef, sono sposati, vivono con noi, hanno di che mangiare e bere e soldi che permettono di mantenere le rispettive famiglie."
Era irritata, ma almeno l'avevo indirettamente auitata a recuperare l'autocontrollo.
Anche se cominciavo ad oltrepassare le sue difese. Ora mi sembrava una pianta che comincia ad afflosciarsi sotto i magli di potenti raggi di sole, senza nutrimento.
"Torniamo al ricatto. Di che voce si trattava?"
"Una voce profonda, femminile, senza alcun accento. Forse parla con un fazzoletto sulla bocca. Sussurra quasi."
Non so se eravamo gia' arrivati al punto in cui avrei potuto fidarmi.
"Ha detto che all'inizio c'erano delle telefonate. E ora?"
"Ora siamo passati alle lettere, ne sono arrivate due finora, per fortuna sono riuscita a prenderle entrambe. Non so, forse mi sentivo che sarebbero arrivate. Una mattina, quando arrivo' la prima, mi precipitai a controllare la cassetta della posta. E la trovai. Da allora controllo la posta personalmente tutte le mattina, ho chiesto alla serv... ad Angelina che me ne occupero' io d'ora in poi, ma ho paura che prima o poi mio marito si insospettisca."
Cercai di capirci qualcosa in piu'. Ma ora mi sembrava sincera.
"Cosa contenevano le due lettere?"
"La prima nulla, una busta vuota indirizzata a mio marito. La seconda conteneva un foglio bianco, ed era indirizzata a me. Ho paura che la prossima arrivi con un foglio scritto."
Dissi che era possibile. Ipotizzai che ci potrebbe essere scritto di stare attenta, che avrebbe potuto spifferare tutto. E poi probabilmente avrebbe cambiato ancora approcccio. Telefonate, lettere, poi ...
Si spavento'.
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